Vedi lo stand dei trucca-bimbi dal reparto cereali. È tassativo che le nipotine non se ne accorgano. Inizi a tracciare un contorto percorso immaginario attraverso il supermercato: da verdure e latticini giù verso vini e liquori – loro li chiamano “succhi per grandi” – poi di fianco ai dentifrici fino alle casse. Distrazione, è questo il nome del gioco. Sarai fuori ancora prima che si accorgano di cosa si sono perse.
Sei entrata solo per comprare delle schifezze da mangiare al cinema. Sacchetti formato famiglia di caramelle gommose e acidissime. Bibite gassate per le nipoti. Per te, una sola disgustosa barretta di cioccolato fondente piena di frutta secca e uvette, così loro non ti chiederanno di assaggiarla. Ti aspettano due ore di pinguini. Hai bisogno di qualcosa che ti tiri un po’ su. Il vino non è un opzione quando le bambine stanno con te. Hai uno zaino per trasportare tutto. E anche delle salviette umidificate, nel caso si rovesci qualcosa. Lo zaino ti sbatte sull’osso sacro. Godi del suo peso inerte. Potresti benissimo essere una madre. Ti sei pure ricordata le salviette umidificate.
I trucca-bimbi conoscono il loro mercato. Hanno questa tenda irresistibile. È a righe bianche e blu come una sdraio al mare, posizionata strategicamente tra i dolci e le riviste, cioè nel campo visivo di ogni bambino. È decorata da lucine. Ti verebbe da chiamarli furbi, conniventi perfino, ma stanno raccogliendo soldi per beneficienza. Di sabato. Due settimane prima di Natale. Tu non lo faresti nemmeno se ti pagassero. In ogni caso, vorresti che avessero scelto un altro posto per essere buoni.
Nipote Grande localizza la tenda per prima. “Guarda”, dice con finta innocenza, “c’è il trucca-bimbi ed è per beneficienza.” Nipote Grande ha da poco imparato a leggere. Non sei sicura di come questo ti faccia sentire. Nipote Piccola è tutt’orecchi. Nipote Piccola ha delle orecchie molto grandi per essere una bambina. “Ti prego”, piagnucola. “ho sempre voluto essere un gattino. Ti prego zia DD. Ti prego, ti prego, ti prego.” Quando supplica, Nipote Piccola balbetta un pochino. Nell’insieme, questo funziona. Ti fa venire in mente gli orfani dell’epoca vittoriana. Sospetti che lei lo sappia benissimo. Ora entrambe ti guardano con quei grandi occhi acquosi.
Non riesci a dire di no. Non ci riesci mai. Al lavoro sei una stronza testarda. Hai sei persone sotto di te. Tutti, tranne uno, sono uomini più grandi. Al lavoro non puoi far altro che essere una stronza. Ma quando si tratta delle nipotine sei un agnellino. Ti tengono in pugno con le loro minuscole dita. Non ti interessa. Possono farlo. La zia è la cosa migliore che sei.
“Ti prego, ti prego, ti prego”, continua Nipote Piccola. Fai la tua faccia da “ci devo pensare”. La tieni per trenta secondi buoni. Entrambe le nipoti vanno avanti a strillare. Non puoi capitolare troppo in fretta. Devono capire che si tratta di una concessione. “Ok”, dici alla fine. “Ma solo perché è per beneficienza”.
Nipote Piccola ti dà un bacio bavoso. Sa del gelato blu che ha mangiato per pranzo dopo aver categoricamente rifiutato il suo passato di verdure. Nipote Grande ti parla come farebbe con un suo pari, la sua piccola voce volutamente profonda. “Grazie”, dice, “sei proprio la zia migliore del mondo”. Sei così entusiasta di questa dichiarazione che dai venti sterline al truccatore. Insisti perché si tenga il resto. Firmi il modulo di consenso senza leggere le note scritte in piccolo. Non ti opponi neanche quando Nipote Piccola chiede di entrare da sola. “Sono una bambina grande ormai”, dice mentre si infila nella tenda. “Zia DD resta qui. Presto diventerò un bel gattino!”. La porta si chiude sulla minuscola figura di Nipote Piccola. La prossima volta che la vedrai non sarà più la stessa.
Mentre aspetta il suo turno, Nipote Grande sfoglia delle riviste. Stazioni accanto a lei, chiedendoti se gli altri pensano che tu sia sua madre. Sì, pensi, probabilmente sì. Le sistemi la coda di cavallo anche se in realtà è già a posto. Ti viene naturale. È il genere di cosa che farebbe una madre. Potresti essere madre se lo volessi. Invece sei la zia migliore del mondo.
Ok, non sei l’unica zia che hanno. Ne hanno altre tre da parte di mamma: due di sangue e una acquisita. Quest’ultima la vedi più come una mezza quindi non conta. Delle rimanenti zie vere, una è noiosa e va verso la cinquantina, l’altra invece ti preoccupa. È oggettivamente gentile e ha sia un cane che un figlio piccolo. Le nipotine – attualmente hanno sei e quattro anni – sono molto interessate a cuccioli e bambini. Tu non hai né l’uno né l’altro. Ogni tanto ne hai sentito la mancanza. Una volta hai googlato “si può affittare un bambino per il fine settimana?” Pensavi che si sarebbero divertite. Ma i risultati non sono stati quelli speravi. Hai eliminato la cronologia. Faresti quasi qualsiasi cosa per fare colpo sulle nipotine. Non puoi non essere la loro zia preferita.
Chiedi a Nipote Grande se vuole che le compri una rivista. Ne sceglie una con rossetto e smalto rosa in regalo. Costa otto sterline e cinquanta ed è chiaro che non è adatta alle bambine della sua età. “Mia sorella invece vuole questa”, dice mostrando un’altra rivista femminile. Insieme ci sono una guida staccabile, “Come far impazzire il tuo partner”, e una borsetta da sera di paillettes. L’ossessione del momento di Nipote Grande sono i vestiti.
Entrambe adorano la roba luccicante. “Hmmmm”, dici, “tua sorella non preferirebbe il giornalino di Peppa Pig?” Nipote Grande alza le spalle. Metti tutte e tre le riviste nel cestino. Sei così arrendevole. Lei ti premia con un abbraccio alla gamba, di lato.
Non è che tu stia scherzando con questa storia della zia. Spendi una fortuna in regali per loro. Tablet. Scarpe da ginnastica. Orsacchiotti che cantano, ballano e parlano con raccapriccianti voci robotiche e biascicano come ubriaconi quando le pile si scaricano. Lasci che stiano sveglie fino a tardi. Anche quando c’è scuola. Anche quando crollano di sonno. Dici sempre di sì. Sì a uscire senza cappotto. Sì a non mangiare le verdure. Sì ad arrampicarsi sullo scivolo dal basso facendo incazzare gli altri bambini. Sì a stare per ore davanti a uno schermo e sì alle merendine piene di zucchero. Poi le fai promettere di non dirlo alla mamma. E nascondi le carte prima che lei torni a casa.
Un po’ è la tua parte competitiva. Devi essere sempre la migliore in tutto. Raggiungere gli obiettivi di vendita. Imparare lo spagnolo. Intimidire altre zie meno importanti. Un po’ questa cosa viene da un luogo più lontano. Hai solo un fratello. Lo ami follemente. Da sempre. È la versione più gentile e migliore di te. Non avevi preventivato tutto questo amore per la sua prole. Visto che usciranno da sua moglie – cioè una sconosciuta, ti eri detta, riuscirai a tenerle a debita distanza. Scoprire che se possibile le ami ancora di più è stato uno shock. Anche se hanno la bocca della madre e le sue delicate mani da principessa sono chiaramente una parte di te. Amarle è una risposta motoria. Non ponderata ed eccessiva. Vuoi che abbiano ogni cosa bella che esiste.
Sei inginocchiata a parlare con Nipote Grande mentre le allacci le scarpe quando Nipote Piccola sbuca fuori dalla tenda. Sgattaiola dietro di te. “Miaaaooowww,” fa le fusa e ti graffia fingendo di essere un gatto. Ti giri, già esclamando: “Oh oh, c’è un gattino feroce che mi sta attaccando!”. Alla vista di tua nipote, ti blocchi. Fai un rumore che non hai mai fatto prima. Mezza parolaccia, mezzo rantolo strozzato.
I tizi del trucca-bimbi hanno decisamente esagerato. Tua nipote è diventata un gatto vero.
Due orecchie triangolari le spuntano dai capelli. La sua faccia è un pasticcio di pelo e baffi. Sorride, mostrando minuscole zanne bianche. “Sono un bel gattino”, dice voltandosi per scuotere il suo sedere da gatto nella tua direzione. Una coda tigrata si muove come un serpente nei suoi leggings Paw Patrol. Allunghi una mano e provi a tirarla. “Miaaooww”, sibila Nipote Piccola rabbiosa. La coda è molto bene attaccata.
Sputi su un fazzoletto e glielo sfreghi vigorosamente su una guancia. Questo è il gesto che ti trasforma definitivamente in un cliché. Adesso sei ogni singola madre mai esistita quando ha a che fare con un figlio scompigliato. Sfreghi ancora e ancora. Il gatto non viene via dalla faccia di Piccola Nipote. Lei si divincola dalla tua presa soffiando e inarcando la schiena esile. Dici la peggiore di tutte le parolacce. La dici abbastanza forte perché le ragazze lo sentano. La dirigi chirurgicamente contro di loro. Piccola Nipote inizia a ululare. Il suono che fa è 100% gatto.
Tutti quelli in coda al distributore di sigarette si girano a guardare. Una donna tira fuori il telefono. Fa una foto, forse un video. Immagini di diventare virale. Di andare sui giornali. Nei notiziari. “L’incubo di ogni madre diventa realtà: quattrenne si trasforma in un gatto.” Enorme, enorme fallimento genitoriale.
Fai del tuo meglio per ricentrarti. Pensi a un ruscello di montagna. Tieni stretta quella sensazione mentre ti abbassi all’altezza degli occhi di Piccola Nipote per chiederle cos’è successo nella tenda. La tua voce suona come un latrato maniacale. “Miaaooow”, fa Piccola Nipote, “miaaooww, miaaaoow”. Si rifiuta di uscire dal personaggio. Grande Nipote inizia a miagolare di rimando. Diventano subito isteriche, ridacchiano e si graffiano a vicenda. Si mettono a quattro zampe e iniziano ad arrotolarsi attorno alle tue gambe. Una folla si sta radunando vicino al reparto cancelleria. Tu non sai come farle smettere.
La pittrice di facce di bambini si avvicina nervosamente.
“Ma che cazzo?” borbotti a denti stretti.
“Scusi”, dice lei.
“Scusi?” strilli tu. “La guardi! Non posso portarla a casa in questo stato.”
Entrambe date una rapida occhiata a Piccola Nipote. È raggomitolata accanto display lucido e si lecca con metodo la mano e il braccio destro.
“Mi dispiace tanto”, ripete la pittrice di facce. “Qualche volta succede con le bambine. Sa, quando hanno queste fasi in cui credono di essere dei gatti, o delle sirene o che so io”.
Non ha tutti i torti. Piccola Nipote è passata da chiedere un gattino senza alcun successo a dichiarare di voler semplicemente essere un gatto da grande. Quando fai Facetime con loro, Piccola Nipote non ha mai il suo vero volto. Le piace usare il filtro gatto dei cartoni animati sul suo tablet; i suoi occhi scintillanti, le sue adorabili lentiggini e il nasino all’insù tutti nascosti dietro una maschera felina. Quando ride sembra una specie di demone. Cuori animati volteggiano sopra la sua testa. A volte delle stelline compaiono nei suoi occhi. Ti manca il vero volto di tua nipote. È inquietante trovarsi di fronte un gatto. Ne hai parlato diverse volte a tuo fratello. Insiste col dire che ne uscirà. “Se ti infastidisce così tanto”, dice tuo fratello, “dille solo di spegnerlo”. Ci hai provato, ma Piccola Nipote non ti ascolta.
Anche la pittrice insiste dicendo che “la fase gatto” è del tutto normale. Indica Nipote Grande, “l’altra tua figlia non ha mai voluto essere un gatto?”. La sua voce è acuta e dolorosamente speranzosa. Sta cercando la tua assoluzione. “Non è mia figlia”, ti giustifichi. “Sono solo la zia.” Metti molta enfasi sulla parola “solo”. Probabilmente quella donna sta pensando “beh, questo spiega molte cose”. Ma tiene per sé i suoi giudizi. Invece dice: “Forse dovresti chiamare la madre. Lei saprà come gestire la situazione”. Accarezza delicatamente Piccola Nipote sulla testa, guadagnandosi delle fusa di gratitudine, poi si rinfila nella sicurezza della sua tenda.
Per sei anni hai coltivato l’orrore di questo momento: il giorno in cui avresti telefonato a tuo fratello per dirgli di aver rotto sua figlia. Lo chiami comunque. Non sai cos’altro fare.
“Scusa”, borbotti, che sta per “ho raggiunto il mio limite di ziaggine”, “tua figlia non smetterà di essere un gatto. E sta succedendo un casino.”
Tuo fratello sospira. È alla Spa con sua moglie. Sta cercando di dimenticarsi di essere un padre. “Ok”, dice. “Passamela”.
Avvicini il telefono all’orecchio di Piccola Nipote. Lei sbuffa e cerca di spingerti via. Premi un po’ più forte. Probabilmente stai premendo troppo forte. Senti tuo fratello alzare la voce. Piccola Nipote risponde meccanicamente, “scusa papà. Mi dispiace.” Alza le zampe per coprirsi il viso. Non sapresti dire se per timidezza o per vergogna. Ma quando abbassa le mani il gatto non c’è più. Piccola Nipote è di nuovo se stessa. Solo una bambina con la faccia dipinta per sembrare quella di un gatto. Si avvicina per darti un abbraccio di scuse. Con una mano stringi tua nipote. Con l’altra tieni il telefono vicino all’orecchio.
“Come diavolo hai fatto?” chiedi a tuo fratello. “Ci ho provato per ore e non riuscivo a cavare un ragno dal buco.”
“Devi essere ferma con loro”, mi dice. “Devi dire NO.”
“Chiaro” rispondi. E non ti senti più la zia migliore del mondo.
Sulla strada per il cinema, ti eserciti a dire di no. No a correre per la strada. No a tirarsi i capelli a vicenda. No a fermarsi per altro gelato. Dici no, no, no alle tue adorabili nipotine, ma con la tua voce da zia non funziona.