Ho dato fuoco alla casa in cui vivevo con mia moglie e mia figlia. Ho riempito diverse taniche di benzina dal distributore self-service e le ho svuotate sulle perline che rivestivano i muri perimetrali. Pochi mesi prima avevo sentito parlare di un tizio che aveva dato fuoco al suo locale per i soldi dell’assicurazione e che c’era rimasto secco per essere svenuto a causa dei fumi, così ho versato altro gasolio sulla porta d’ingresso e ho appiccato l’incendio dall’esterno della casa. Temevo che questa mia premura avrebbe potuto compromettere il piano, rallentare i tempi di combustione e la propagazione del fuoco, ma al contrario l’incendio è divampato molto velocemente, poi c’è stata un’esplosione.
Ho comprato casa a trent’anni e fino a quel momento non potevo vantare, a differenza di molti miei coetanei e amici, di aver avuto esperienze di convivenza con una ragazza o di aver condiviso l’appartamento con studenti o giovani lavoratori. Mia madre mi ha educato a pensare che l’affitto fosse uno spreco di denaro e come un cane ben addestrato così rispondevo a chiunque mi domandasse perché ancora non me ne fossi andato di casa. Ad ogni modo, avevamo un unico conto corrente cointestato e tutto ciò che veniva depositato e prelevato veniva avidamente controllato. Di certo non mi avrebbe consentito di attingere ai nostri risparmi per un affitto. Compiuti i trent’anni ha deliberato che era arrivato il momento giusto. Poteva farmi ottenere un buon tasso di interesse per il mutuo grazie a un suo amico di vecchia data. Sosteneva che aveva una cotta per lei dai tempi della scuola e avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per aiutarmi. Aveva cercato e trovato la casa, abbastanza grande per pensare di trasferircisi in futuro. Un giorno saremmo stati di nuovo insieme sotto lo stesso tetto, diceva. Non si sa mai nella vita, si ripeteva e me lo ripeteva. C’era la tranquillità del paese a pochi chilometri dalla città e nonostante non fosse una nuova costruzione non c’era da dover investire in costose ristrutturazioni. Così si ripeteva e me lo ripeteva.
Sono arrivato a quarant’anni senza comprendere quali sentimenti mi appartenessero. Ho iniziato a domandarmi se fossi io a voler la macchina color grigio metallizzato o se la volesse mia madre e ancor più grave se mi fossi sposato perché desiderassi sposarmi. A pensarci bene, io e mia moglie non avevamo mai pensato al matrimonio fino a quando mia madre non ci ha accompagnato all’altare. Non c’è stato un momento preciso in cui ho iniziato a elaborare questa mia condizione, quella di essere un figlio manipolato in qualsiasi aspetto della vita. Credo che questa verità mi si sia rivelata nell’istante in cui ho appiccato l’incendio. Io e mia madre non ci parliamo da allora.
Credo di essere riuscito a far comprendere a mia moglie e mia figlia che non avevano nulla a che vedere con il crollo psicotico diagnosticato dallo psichiatra che è stato messo di mezzo per comprendere le motivazioni di questo mio gesto estremo. Per fortuna, nonostante l’evidente e più che ragionevole difficoltà nell’elaborare l’accaduto, sembra non abbiano dubbi sul fatto che non avrò altri colpi di testa. L’arrivo tempestivo dei pompieri non è stato così tempestivo da salvare la casa, ma almeno non ci sono stati feriti e neppure danni alle poche abitazioni della zona. In paese vivono pochi anziani che tra una partita di carte e l’altra immagino abbiano abbondantemente spettegolato sul piromane della zona. Un giornalista si è aggirato in paese per qualche giorno facendo domande, ma non leggendo i giornali non saprei se hanno ricavato un articolo da questa storia.
Abbiamo affittato un appartamento dove mi capita spesso di imbambolarmi davanti alla porta d’ingresso. Non c’è più, mi dico. Non c’è nessun occhio che d’improvviso inizia a muoversi a destra e a sinistra, per poi arrestarsi, per poi riprendere, per poi arrestarsi, per tutta la sera tutte le sere. Quell’occhio non c’è più, l’occhio di mia madre dietro l’applicazione di videosorveglianza della telecamera installata sopra la porta d’ingresso della nostra vecchia casa. Ci consegnò la telecamera di sorveglianza, ben impacchettata nella carta regalo. Ci disse che era un regalo necessario e che dovevamo assolutamente installare una telecamera di videosorveglianza in una casa con pochi vicini, perlopiù anziani. Grazie alla telecamera anche lei avrebbe potuto controllare a distanza che fosse tutto ok. Che fosse tutto ok, così disse e così io e mia moglie la installammo sopra la porta d’ingresso e questa d’improvviso iniziava a muoversi a destra e a sinistra, per poi arrestarsi, per poi riprendere, per poi arrestarsi, per tutta la sera tutte le sere.
Abbiamo affittato un appartamento già arredato perché tutti i nostri mobili sono bruciati nell’incendio. Prima di annaffiare le perline che ricoprivano i muri perimetrali, la prima tanica di benzina l’ho svuotata sul divano. Era il vecchio divano dei miei e quando hanno divorziato tutto quello che poteva entrare nel garage di mia madre è stato accatastato lì per anni. Quando ho comprato casa mi ha fatto recapitare il divano e insieme al divano la maggior parte delle cianfrusaglie che ammuffivano nel suo garage. Mi ricordava spesso, soprattutto in presenza di mia moglie e mia figlia, quanto fosse stato faticoso svuotare il garage e quanto era affezionata al mobilio e a tutta la robaccia recapitata al nostro indirizzo. Mi ricordava spesso che si trattava di alto artigianato che aveva comprato con mio padre nelle varie fiere di antiquariato. Mi ricordava spesso che le avevano pagate care e quanto aveva pagato caro il furgone e il facchino che un sabato pomeriggio si è presentato fuori casa nostra. Il suo garage era stato svuotato da tutta quella spazzatura e il nostro salotto e la nostra cucina, in un solo pomeriggio, si sono trasformati in uno spazio ibrido tra un mercatino dell’usato e una discarica. Insieme alle perline, tutto quel legno antico e quella spazzatura hanno certamente contribuito a far danzare le fiamme. Non mi sono preoccupato di salvare alcunché, ma prima di appiccare l’incendio ho messo al sicuro il cane di mia figlia. Ieri sera si è messo ad abbaiare forsennatamente e c’è voluto un po’ prima che ci accorgessimo che c’era mia madre appostata nel parcheggio sotto casa. Credo abbia riconosciuto il rumore della macchina.