Poche persone ricordano il nome di Dino Ciani, una delle promesse più folgoranti del pianismo della sua generazione, scomparso ad appena 32 anni in un incidente automobilistico nel 1974. Dopo essersi aggiudicato il secondo posto all’importante concorso Liszt-Bartók nel 1961 ed essersi perfezionato con il celebre Alfred Cortot, che lo definì un “talento miracoloso”, cominciò una carriera brillante, con notevoli esecuzioni sui palchi più prestigiosi del mondo: l’integrale delle Sonate di Beethoven, i cicli liederistici schubertiani con Claudio Desderi, e poi esecuzioni dei concerti di Beethoven e Bartòk con Claudio Abbado ed un giovanissimo Riccardo Muti.
Ciani debutta per Deutsche Grammophon Gesellschaft (DGG) con Le Novellette opera 21, una collezione tra le meno suonate del repertorio tastieristico schumanniano, quantomeno come integrale. È infatti consueto sentirne singoli movimenti, soprattutto il primo in fa maggiore (amato dai pianisti della scuola russa da Sviatoslav Richter a Vladimir Ashkenazy, e anche apparso nel documentario culto su Vladimir Horowitz The Last Romantic), ma dell’intera suite esistono relativamente poche registrazioni e comunque nessun’altra con DGG. Queste otto composizioni brevi, virtuosistiche e frizzanti, nelle mani di Ciani si svolgono in una narrativa che oscilla senza sosta tra l’esilarante, il dandystico, l’intimistico e l’eroico, nel quadro del costante dibattito tra i due spiriti schumanniani Florestan ed Eusebius, che in fondo sono presenti in tutte i lavori del compositore. Una delle difficoltà maggiori di questa raccolta, e forse il motivo principale per cui la si sente così di rado, è, infatti, mantenerne un’osservazione organica, e non lasciarsi sfaldare nelle mani i singoli pezzi, condannando l’ascoltatore a sopportare un’accozzaglia di episodi sconnessi senza capo né coda. Ciani dipana invece le singole scene in un racconto coeso, presentandoci quasi una serie di variazioni; in effetti questi otto pezzi, oltre alla forma generale A-B-A, condividono caratteristiche come la tonalità e l’alternanza di un’introduzione virtuosistica ad un intermezzo di natura lirica. Si tratta di uno di quei casi in cui si “ascolta il compositore tramite il pianista” e non viceversa: con un suono precisissimo, una gamma di colori avvincente, un’avversione per gli eccessi e una fedeltà assoluta al testo, Ciani si trae in disparte e ci lascia vivere queste scene eclettiche con nitidezza.

Invece di una panoramica delle otto Novelette, osserviamo la prima più nel dettaglio. Quella di Ciani è una delle rare registrazioni che rispettano l’indicazione metronomica, ritmica (vedi il ricorrente poliritmo 3 contro 4) e che resiste a cambi di tempo tanto smielati quanto impropri. Si tratta, insomma, di un approccio rispettoso della partitura. Una selvaggia introduzione di accordi in staccato, come un fragoroso tutti orchestrale, apre la Noveletta numero uno in fa maggiore, che dopo due modulazioni sul tema, ci trasporta in un intermezzo di carattere nostalgico, struggente. Anche le frasi più dolci sono macchiate da inquietanti dissonanze, quasi a rappresentare il travagliato mondo interiore del compositore (ancora oggi si dibatte riguardo ai problemi mentali che lo afflissero tutta la vita). Dopo un breve ritorno al tema iniziale, veniamo catapultati in un secondo intermezzo, questa volta dal carattere di una fughetta – un’illusione acustica in cui la musica sale e scende senza tregua. Di nuovo il tema e il primo intermezzo, modulato in la maggiore, e infine una coda, di quelle avvincenti come solo Schumann sapeva comporne, conclude un pezzo emblematico dello stile pianistico romantico tedesco.
Questo disco non è mai stato aggiunto al catalogo digitale della DGG: è solo reperibile come vinile oppure su YouTube. Esiste però sulle piattaforme streaming una registrazione dal vivo delle Novelette assieme alle Scene d’Infanzia opera 15 di Schumann e alla Barcarola opera 60 di Chopin, che consiglio caldamente. Dopotutto, i live sono l’ascolto migliore per rendersi conto della realtà della potenza e profondità del suono di un interprete.